Al denaro è da sempre associata una connotazione negativa. E’ come se, essendo potenziale fonte di illeciti quali la rapina, la corruzione, la falsificazione, avesse qualcosa da farsi perdonare. Roberto Mori, Direttore Centrale per la circolazione monetaria della Banca d’Italia, nella prefazione del testo Soldi d’Italia, riteneva che fosse proprio questo il motivo per il quale la moneta doveva essere bella, gradevole alla vista: aveva bisogno di farsi perdonare qualcosa, come se, non l’uomo, ma essa stessa, fosse causa dei reati.
Se un perdono c’è stato, a noi non è concesso saperlo, ma se così fosse gran parte dei meriti andrebbero a Giovanni Capranesi, il pittore delle banconote.
Giovanni Capranesi nasce a Roma nel 1852 da un’illustre famiglia di cultori di discipline archeologiche, legato da parentela al papa Benedetto XV.
Coltiva da giovane gli studi classici che non tardano a manifestare in lui l’inclinazione all’arte, ma che, anzi, contribuiscono a dare un sapore di umanesimo e di epico alle Sue opere. Fu in San Pietro, tra il 1879 e il 1881, che conosce il pittore Alessandro Mantovani, impegnato nelle operazioni di restauro delle Logge Vaticane, il quale, accortosi delle sue particolari doti artistiche, lo incoraggia a seguirlo nel percorso dell’arte.
Dopo alcuni anni da allievo del Mantovani, Capranesi intraprende un lungo periodo di collaborazione con il pittore De Angelis, insieme al quale esegue l’insigne lavoro di decorazione della Cappella del Sacro Cuore nella chiesa di Sant’Ignazio. La fama e la visibilità che ne derivano permettono ai due di ricevere incarichi in Brasile: nella capitale della regione del Parà dipingono la cattedrale, il teatro e altri edifici pubblici e privati. Nel più noto dei dipinti realizzati in Sud America raffigura “gli ultimi giorni di Carlos Gomes” (ùltimos dias de Carlos Gomes), musicista brasiliano contemporaneo di Verdi e Puccini, le cui composizioni ebbero successo anche in Italia.
Rientrato in Italia, Capranesi perde l’amico e compagno di lavoro De Angelis, colto da morte improvvisa, ma la sua fama è ormai sparsa in tutta Europa e non mancano le commissioni. Per il proprietario di un castello londinese dipinge la decorazione pittorica di un grande salone: oltre 60 metri di tela dedicati alla “Poesia sulla Terra” in cui raffigura la Dea dei Campi, il Dio del Mare, la Dea dei Frutteti, Diana Cacciatrice, il Trionfo di Bacco, personaggi a lui familiari, grazie agli studi classici. Il tutto è arricchito dalla presenza di festoni di frutta e fiori, cornici e medaglioni. L’esposizione del grandioso dipinto, che egli presenta nel suo studio prima di spedirlo nel Regno Unito, dimostra al pubblico signorilità ed eleganza e, in pochi anni, numerosi palazzi di Roma vengono affrescati dal Capranesi.
Nel 1910 il Direttore Generale della Banca d’Italia, Bonaldo Stringher, dopo aver condotto un’indagine, individua in Giovanni Capranesi l’artista più adatto alla realizzazione di nuovi bozzetti per le banconote.
All’inizio del XX secolo sono in circolazione banconote della Banca d’Italia da 50, 100, 500 e 1000 lire realizzate da Rinaldo Barbetti, che fin dalle prime emissioni subiscono critiche di natura estetica, ma anche legate alla possibilità di realizzazione di falsi molto simili agli originali. Infatti, già tra il 1897 e il 1898 Stringher si era rivolto all’Associazione Artistica Internazionale di Roma per ottenere un nuovo progetto per le banconote da 50 a 1000 lire. L’Associazione propone un concorso, aperto ai soci effettivi, che però, nonostante due tentativi con relative esposizioni, non dà i frutti sperati.
Come già detto, nel 1910, “tenute presenti anche le prove fatte in passato e riuscite imperfette”, il Direttore Generale affida l’incarico a un solo artista, Giovanni Capranesi.
Le indicazioni sono volte all’ottenimento di banconote che superino le critiche rivolte a quelle in circolazione unendo ai “criteri tecnici” quelli “estetici” dal “carattere prettamente italiano”.
Il pittore lavora alla creazione di una serie di bozzetti minuziosi, provvedendo a effettuare sugli stessi tutte le necessarie modifiche, che i sistemi di stampa imponevano. I primi frutti sono visibili nel 1915, anno in cui è approvata l’emissione della banconota da 50 lire “tipo Minerva”: una novità stilistica assoluta sia per la cura dei dettagli che per la scelta dei colori, nonché per le raffigurazioni.
Sul fronte del biglietto emergono limpidi lo stile del pittore e la sua cultura umanistica nella figura di Minerva, dea della guerra e della saggezza, che tiene in una mano lo scudo e nell’altra un ramo d’ulivo. Festoni di foglie e frutta di arancio fanno da cornice al biglietto e ancora rami d’ulivo interrompono la linea curva che racchiude l’ovale destinato alla filigrana in cui appare il profilo di Dante Alighieri. E’ abbandonato per la prima volta l’uso della matrice laterale.
Sul retro del biglietto una cornice arancione contiene l’immagine dell’agricoltura, rappresentata da un aratro condotto da un bifolco e trainato da due buoi. Proprio la presenza di questa raffigurazione in chiaroscuro fa spesso identificare la banconota con la denominazione di “50 lire buoi”.
Del biglietto, stampato dal 1915 al 1920 vengono realizzati poco più di 34 milioni di esemplari, divisi in 17 decreti di emissione.
La collaborazione con la Banca d’Italia non si limita esclusivamente alla realizzazione dei bozzetti: alla metà degli anni 10, la Banca d’Italia commissiona a Giovanni Capranesi la realizzazione di cinque grandi tele, che decorano la sala centrale della sede di Genova.
La monumentale opera esalta, nei quattro quadri laterali, la storia del capoluogo ligure, patria di navigatori e costruttori di navi veloci che dal porto della città salpavano alla volta di lidi ignoti, ma anche di abili commercianti. Il quadro centrale, infine, raffigura Genova, nelle vesti di Regina del Mare che riceve l’omaggio dei popoli suoi tributari.
La stessa figura è riproposta nel più famoso dei bozzetti, realizzato per le banconote da 1.000 lire, emesse tra il 1930 e il 1943 in poco più di 45 milioni di esemplari. Questa volta sono due le Regine del Mare: Venezia e Genova, semidistese su base architettonica e ognuna con un braccio poggiato sullo scudo con il simbolo della città, il leone per Venezia e San Giorgio che uccide il drago per Genova. Al centro emerge alta la raffigurazione della prua di una nave. Così come per la banconota da 50 lire, Capranesi ricorre a festoni floreali per contornare l’area centrale e a foglie di quercia che circondano i due ovali destinati alle filigrane in cui troviamo i profili dell’Italia turrita e di Cristoforo Colombo.
Sul retro del biglietto, nell’ovale più grande, campeggia la rappresentazione di uno dei due monumentali gruppi scultorei che ornavano la facciata di Palazzo Koch in Via Nazionale a Roma, sede della Banca d’Italia. Le figure rappresentano l’Agricoltura al centro, l’Industria a sinistra e il Commercio a destra. I gruppi di statue furono realizzati da Nicola Cantalamessa Papotti, accademico di San Luca e autore tra le altre della “Vittoria alata”, visibile sulla prima colonna di sinistra del Vittoriano. Le sculture di Palazzo Koch, invece, vengono rimosse nel 1930 per tutelare la stabilità dell’edificio.
Ritroviamo la stessa immagine del gruppo scultoreo di Cantalamessa, contornato da una corona di foglie, anche sul retro del biglietto da 500 lire. Due ovali più piccoli affiancano la figura centrale: il destro riservato alla filigrana, il sinistro contenente un’aquila reale che regge lo stemma sabaudo. Il fronte, invece, presenta nella parte destra, una figura umile e diffusa in quel tempo: una mietitrice, che sedendo su covoni, ne stringe uno nel braccio sinistro e tiene nel destro una falce.
Così come era avvenuto per la 50 lire, Capranesi ha voluto raffigurare un personaggio della vita campestre, familiare alla maggioranza della popolazione, che traeva reddito dalla coltivazione dei terreni. Una cornice quadrata gialla ripete il tema dei covoni, mentre altre due corone ellissoidali di frutti e foglie racchiudono l’area centrale e sono interrotte a destra dalla mietitrice e a sinistra dall’ovale contenente la filigrana raffigurante Leonardo Da Vinci con berretto. Il biglietto, il secondo taglio emesso realizzato dall’artista romano, viene stampato per la prima volta nel 1919, l’ultima nel 1943. La tiratura complessiva totale supera i 63 milioni di esemplari.
Vita più breve, invece, è riservata alla banconota da 100 lire, che pur essendo stampata fino al 1943, entra in circolazione per la prima volta nel 1931. Stampata in oltre 230 milioni di esemplari, conserva lo stesso tema della 1000 lire: due ovali bianchi atti a contenere le filigrane dell’Italia turrita e Dante alighieri sono circondati da due ghirlande di querce, mentre in basso al centro Capranesi ci offre una nuova figura classica: Roma seduta presso la lupa capitolina con uno scudo sotto il braccio destro, una lancia nella relativa mano e la Vittoria alata nell’altra. Sul retro campeggia una fascia mistilinea, al cui interno compaiono piccoli festoni di frutta e foglie d’ulivo, che fanno da cornice a un’aquila romana.
Le banconote da 100, 500 e 1.000 lire saranno usate dal 1938 anche per la circolazione nei possedimenti italiani in Africa con l’apposita dicitura nel bordo bianco: “SERIE SPECIALE AFRICA ORIENTALE ITALIANA” e con una colorazione leggermente diversa dai biglietti già circolanti in Italia. Il divieto di circolazione al di fuori dei territori italiani in Africa viene poi rimosso nel 1942.
L’eleganza dei disegni di Giovanni Capranesi è unanimemente riconosciuta anche quando, finita la seconda guerra mondiale, c’è bisogno di sostituire i titoli provvisori realizzati nel 1945 da 5.000 e 10.000 lire, i due tagli più grandi in circolazione. La scelta ricade, anche per ragioni pratiche, sul riutilizzo del disegno della banconota da 1.000 lire con opportune modifiche ai colori e ai riquadri interni alle cornici, nonché all’aggiunta di due fregi laterali sul taglio da 10.000 lire. Le banconote presentano nuove filigrane con Michelangelo e Galileo per la 10.000 lire e Dante e Virgilio per la 5.000 lire, mentre, sul retro, il medaglione centrale, che prima rappresentava le sculture di palazzo Koch, ora presenta il profilo di Flora nel taglio da 5.000 lire e quello di Dante per la 10.000 lire.
La banconota da 5.000 lire è emessa dal 1947 al 1963 in oltre 230 milioni di esemplari, la 10.000 lire dal 1947 al 1962 in circa 500 milioni di biglietti.
I due tagli, nonostante le modifiche, riportano ancora in basso a sinistra sul fronte l’incisione “G. CAPRANESI INV.”
Vengono entrambe dichiarate fuoricorso al 30 giugno 1969: è l’ultimo giorno in cui ha corso legale una banconota disegnata dall’artista romano.
Per l’importanza delle sue opere e per l’acquisita notorietà, Giovanni Capranesi diviene Presidente dell’Accademia di San Luca nel 1921, ma muore il 17 settembre dello stesso anno, prima di poter veder circolare gran parte dei biglietti da lui inventati. Non moriranno mai, invece, le sue opere, che ancora oggi arricchiscono le raccolte di migliaia di collezionisti con numerose banconote italiane che portano il suo nome.