Questa è la storia di Amadeo Peter Giannini, un emigrante italiano che arrivò in America nel ventre della madre.
Amadeo venne alla luce nel 1870 a San Josè, in California e, partendo da zero, in soli quarant’anni creò la più grande banca del mondo. Nel 1902 Giannini era già direttore in una banca di San Francisco, dove molti emigranti italiani andavano per spedire in Patria i propri risparmi. Giannini si rammaricava che, per il trasferimento, gli italiani dovessero pagare un tasso del 5-6% e subire un cambio svantaggioso. Per due anni lottò per cambiare la politica della banca, che dedicava attenzione solo ai clienti abbienti. Visto inutile ogni sforzo, nel 1904 decise di aprire una nuova banca, che chiamò Bank of Italy. Da lì, mandare i soldi in Italia costava solo il 2 % e il cambio era onesto. Anche se può apparire incredibile, questa piccola banca, che ebbe la prima modesta sede in un saloon di North Beach, la zona povera di San Francisco dove risiedeva la comunità italiana – diventerà la più grande banca del mondo. Ma ciò che più sorprende, non è tanto quello che Amadeo Giannini ha fatto, ma come lo ha fatto. Per tutta la vita ha operato oltre i limiti imposti dalla logica del profitto con l’ambizione di soddisfare le esigenze dei più deboli. E la sua vita ci dimostra come, anche senza porre il denaro in cima alla scala dei valori, si possano conseguire utili rilevanti e creare benessere per sé e per gli altri. Ma, ma come si usa per tutte le belle storie, cominciamo dall’inizio.
I genitori di Amadeo Peter Giannini erano due emigranti. Come tanti altri, per cercare fortuna avevano lasciato il proprio paese natale: Favale di Malgaro, un borgo dell’entroterra ligure in cui erano nati anche i loro nonni, e i nonni dei loro nonni. Un paesino di duemila anime, arroccato tra i monti che si innalzano subito dietro Rapallo, nella Valle Fontanabuona. Favale conta oggi poco più di 500 abitanti, ma nel secolo scorso oltre tremila favalesi sono andati a cercare fortuna nelle Americhe, la maggioranza in California. La casa della famiglia Giannini era una modesta costruzione isolata e arrampicata nel mezzo di una collina, una casetta in pietra e ardesia con un’unica grande camera posta sopra la stalla e il fienile. Appena sposati, i genitori di Amadeo Peter Giannini, Luigi di 29 anni e Virginia Demartini quattordicenne, decisero di partire per l’America nell’intento di fare fortuna, e quindi per sfuggire alla miseria, seppur dignitosa, in cui vivevano allora le popolazioni montane. Arrivati in California, con la ferrovia transcontinentale appena inaugurata, scelsero di avventurarsi subito verso nord e si fermarono a San Josè, una cittadina tra Los Angeles e San Francisco dove, con i pochi risparmi racimolati tra i parenti prima di partire dall’ Italia, speravano di acquistare una proprietà agricola. Ma le informazioni che avevano sul prezzo dei terreni non erano aggiornate, e si accorsero che non avrebbero potuto comprare un appezzamento sufficientemente grande per sopravvivere. Affittarono allora una casa con qualche camera, che trasformarono in una pensione. Dopo pochi mesi, lavorando sodo, la pensione diventò una locanda con venti camere. E qui, il 6 maggio 1870, nacque colui che sarebbe diventato il più grande banchiere del mondo: Amadeo Peter Giannini.
Il flusso di emigranti che, da ogni parte del mondo arrivavano in California, attirati anche dal miraggio della scoperta dell’oro, fece prosperare gli affari della Locanda Giannini che, in pochi anni, si ampliò e divenne Hotel. Per Luigi Giannini, l’Hotel si rivelò una piccola miniera d’oro, tanto che dopo pochi anni lo vendette e, con il ricavato, riuscì a comprarsi una tenuta di 40 acri a metà strada tra San Francisco e la baia. Una scelta quanto mai indovinata, perchè quella zona si trovò, in seguito, al centro di una considerevole rivalutazione. Ma prima di poter godere dei frutti della sua scelta, sei anni dopo l’acquisto, Luigi Giannini fu ammazzato da un bracciante per una discussione nata per un debito di un dollaro. Fu proprio Amadeo, che piangendo aveva assistito alla scena, a soccorrere il padre morente. E da quel momento intuì che il denaro poteva avvelenare e, talvolta, anche togliere la vita. Virginia si trovò così vedova a 22 anni, con tre bambini, il maggiore dei quali, Amadeo, aveva sette anni. Virginia era una bella donna e, oltretutto, all’epoca in California le donne scarseggiavano, per cui ebbe la possibilità di scegliersi un nuovo marito tra molti pretendenti. E scelse bene. Sposò Lorenzo Scatena, di ventisei anni, il cui solo capitale pareva costituito da una pariglia e un carro col quale trasportava prodotti agricoli sui moli della baia di San Francisco. In realtà era anche dotato di grande intelligenza che sviluppò e mise a frutto con lo stimolo e la collaborazione dell’amorevole consorte. Scatena era innamoratissimo di Virginia e, come tutti quelli che amano davvero, voleva molto bene anche ai suoi tre figli. In particolare al più grande, Amadeo, che pur continuando a studiare, aiutava il patrigno sia nel lavoro dei campi sia nella gestione dell’impresa agricola. In pochi anni, però, Lorenzo Scatena, su suggerimento della moglie, verificò che il commercio di ortaggi rendeva più della loro coltivazione e nel 1882 trasferì la famiglia a San Francisco, dove ogni giorno tante navi si approvvigionavano di ortaggi e verdure fresche. Luigi comprava direttamente dai contadini delle vallate californiane, trasportava le derrate sulle banchine e le vendeva alle navi appena ormeggiate. Scatena diventò in poco tempo un affermato grossista di frutta e verdura. I contadini lo stimavano per la sua correttezza e anche al porto si era fatta fama di galantuomo.
Amadeo dopo aver frequentato fino a 12 anni la scuola di San Josè, proseguiva gli studi a San Francisco, dove avrebbe poi seguito un corso di cinque mesi di economia e commercio ma, già mentre studiava, aveva iniziato a collaborare all’attività del padre. Leggeva molto, ma soprattutto andava in giro a raccogliere informazioni sulle nuove tecniche agricole. Molti emigranti erano contadini che arrivavano dai più diversi Paesi e Amedeo si faceva spiegare i metodi innovativi utilizzati nelle diverse nazioni. Suggeriva poi agli agricoltori che cosa coltivare e spiegava le strategie per aumentare la produzione. E soprattutto consigliava la raccolta precoce, quando le primizie erano ancora fresche e tenere. Pesavano meno, ma valevano di più. Puntando sulla qualità del prodotto, spuntava i prezzi migliori. Inoltre, convinse il padre a fare prestiti agli agricoltori che volevano comperare nuove attrezzature, o attraversavano momenti difficili, ottenendo in questo il privilegio della fidelizzazione. Scatena era orgoglioso del figlio, non solo per la sua laboriosità ma soprattutto per i valori di integrità morale che gli aveva trasmesso e che Amedeo aveva fatto suoi. Ben presto diventò il perno dell’azienda e, all’occorrenza, l’alter-ego di Scatena. Nessuno sapeva curare le pubbliche relazioni come lui. Per aumentare i clienti della Lorenzo Scatena&Company scriveva ogni giorno decine di lettere a mano indirizzandole a tutti i potenziali clienti e fornitori, facendo attenzione di non promettere nulla di quanto non potesse mantenere. E se il destinatario non rispondeva, metteva l’abito elegante e andava a trovarlo, ottenendo di persona ciò che voleva. Sulla banchine del porto non bastava però essere convincenti e Amadeo, che a quindici anni era già più di un metro e ottanta e pesava 90 chili, quando serviva sapeva imporre le proprie ragioni anche a cazzotti. Gli affari andarono così bene che Scatena, per premiarlo, lo associò all’azienda. Prima al 30%, poi al 50%.
A vent’anni, Amadeo Peter Giannini era già diventato uno dei giovani più affermati e ammirati della colonia italiana di San Francisco. Conosciuto per la sua correttezza e ammirato per il suo fascino. Era alto un metro e novanta, e molte ragazze lo consideravano uno degli uomini più avvenenti della città. Nel 1892, a ventidue anni, scelse per sposa una coetanea, Clorinda Flores Cuneo, figlia di uno dei più ricchi italo-americani di San Francisco. E questa scelta si rivelò uno dei molteplici eventi fortunati della sua vita. Se Giannini, nel corso della vita, imboccò il viale del successo, se si trovò spesso a camminare fianco a fianco con la fortuna, possiamo ritenere che il merito fu principalmente dei suoi genitori, che lo allevarono nel profondo rispetto dei valori della tradizione. Quella tradizione che è l’esatto opposto della conservazione, perché fornisce quei valori basilari che consentono a ciascuno di percorrere il proprio itinerario, nella certezza di procedere nella giusta direzione. E per tutta la vita, Giannini proseguì in questa direzione, senza lasciarsi deviare, né dall’euforia del successo né dal demone del denaro che, di solito, si impossessa dell’animo dei ricchi. Nel 1901 pensò che non valeva la pena di continuare al lavorare per diventare ancora più ricco. Decise di vendere la sua metà dell’azienda ai dipendenti, che lo avrebbero pagato con i futuri guadagni, assicurandosi così un reddito che gli permetteva di sollevare la testa dagli impegni quotidiani e gli offriva l’opportunità di guardarsi attorno e riflettere. Al proposito, le sue biografie narrano che già a trentatrè anni, un anno prima di fondare la Bank of Italy, aveva elaborato una sua teoria sul denaro: “Non voglio diventare troppo ricco”, diceva, “Perché nessun ricco possiede la ricchezza, ma ne è posseduto”. E, contrariamente a tanti che predicano bene ma razzolano male, per tutta la vita Giannini si attenne a questa regola. Nel 1902 la morte del suocero impresse una svolta alla vita di Giannini che, già benestante, in ragione della sua riconosciuta integrità e correttezza, venne invitato a amministrare l’intero patrimonio della famiglia della moglie, patrimonio che assommava a circa mezzo milione di dollari. Tra i beni amministrati da Amadeo Giannini, vi erano anche azioni di una delle principali banche di San Francisco, la COLUMBUS SAVING AND LOAN, che nel 1902 gli offrì di collaborare come dirigente. Giannini intravide la possibilità di intraprendere una attività di prestigio in cui avrebbe anche potuto operare con finalità sociali, e decise di impegnarsi anima e corpo. Abbiamo già accennato che Giannini non condivideva la politica finanziaria della COLUMBUS, soprattutto per l’indifferenza nei confronti delle classi sociali più deboli e per gli alti tassi che essa chiedeva per il trasferimento dei risparmi degli immigrati. Per due anni Giannini vi prestò la sua opera nella speranza di modificarne le strategie finanziarie. I soci di maggioranza della COLUMBUS riservavano le loro attenzioni ai benestanti, e accordavano crediti solo a imprese e imprenditori già consolidati. Giannini affermava che un banchiere degno di questo nome non doveva negare credito a nessuno. Purché onesto. Il suo sogno era quello di una banca aperta a coloro che non erano mai entrati in una banca, una banca per gli emigranti. Giunti in California senz’arte nè parte, pronti a lavorare per sfamarsi, questi diseredati vivevano tra stenti e umiliazioni. Non conoscevano la lingua e gli americani di vecchio ceppo protestante li guardavano con diffidenza e li tenevano alla larga. Giannini, ricordando le sue origini, intuì che la gran parte degli immigrati italiani, e in particolare quelli armati non solo del coraggio della disperazione ma anche di sani principi, sarebbero presto diventati la colonna portante dello sviluppo della California. Diede le dimissioni e si dedicò a loro. Nonostante Amedeo avesse lasciato l’azienda paterna, quando decise di aprire una propria banca, il patrigno Scatena si gettò con lui nella nuova avventura investendovi il proprio patrimonio e collaborando attivamente. Ma una volta deciso di fare la banca, bisognava trovare una sede. Giannini sapeva che l’emigrante Anania Quilici, che gestiva un bar situato in un incrocio strategico di North Beach, voleva ritirarsi, e rilevò il suo contratto di affitto per $1250.
Il 17 ottobre 1904 Amadeo Peter Giannini aprì la Bank of Italy, investendovi tutti i suoi averi, il patrimonio della famiglia della consorte, oltre al sostanzioso contributo del patrigno Scatena e di alcuni soci di origine italiana. Ma, creata la banca, bisognava farla conoscere. E in questo Giannini fu insuperabile, anche perché era conosciuto da quasi tutti gli immigrati italiani. Giannini girava in tutte le case, offriva servizi, aiuto e prestiti, suggeriva di mettersi nel commercio, di acquistare terreni, case, di aprire aziende e, in ogni caso, di mettersi in proprio. Nei primi del Novecento non era facile ottenere credito dalle banche, soprattutto per gli emigranti. Gli istituti di credito non accordavano crediti inferiori ai $ 200 e, in caso di bisogno, gli immigrati dovevano rivolgersi agli usurai. Alla Bank of Italy, Giannini, dopo alcune domande, concedeva prestiti a partire da 25 dollari e, come garanzia, guardava i calli sulle mani e la faccia del cliente. Scelse personalmente i dipendenti che dovevano conoscere diverse lingue. In particolare, volle con sè il cassiere Pedrini della COLUMBUS. Per averlo si offrì di raddoppiargli lo stipendio. I suoi soci protestarono e lui rispose che Pedrini era bravo, galante con le signore, gentile anche con i clienti in difficoltà. Per superare gli indugi decise che metà del suo stipendio sarebbe stata interamente a suo carico. Clausola che venne presto annullata dagli stessi soci quando si resero conto che Giannini aveva visto giusto. Giannini non volle la presidenza della Bank of Italy, non aveva bisogno di un potere derivante da un ruolo, assunse la vicepresidenza e, un anno dopo l’apertura, fece nominare presidente il patrigno Lorenzo Scatena. Tra le norme che Giannini impose, vi era anche quella che gli amministratori avrebbero lavorato senza stipendio, sino a che la Bank of Italy non avesse cominciato a dare frutti. Decise per un azionariato popolare; volle che nessuno potesse possedere più di cento delle 3.000 azioni distribuite. E limitò il valore delle azioni a un massimo di $100. Si occupò lui stesso di farle sottoscrivere a fornai, pescatori, droghieri, idraulici, barbieri, tutta gente che non era mai prima entrata in una banca. Si dichiarò soddisfatto quando verificò che il grosso delle azioni era distribuito tra azionisti che avevano da una a quattro azioni. Dopo appena due mesi la Bank of Italy aveva depositi per $ 70.000, ma i prestiti superavano i $ 90.000. I soci erano preoccupati, ma Giannini sapeva che solo così poteva guadagnare la riconoscenza e la fiducia del pubblico. Come non essere riconoscenti verso chi ti permetteva di affittare una casa decente, o di mandare i figli a scuola? Ma Amadeo andò oltre: sovvenzionò i costruttori di case popolari, a condizione che agevolassero i compratori. All’epoca questa visione liberistico-sociale era diffusa negli USA, dove Ford, aumentando i salari dei propri operai, li trasformava in potenziali compratori di automobili. E anche in Italia, alcuni industriali illuminati costruivano case per i propri operai e sovvenzionavano scuole per i figli. Tanto crescevano i depositi, tanto più Giannini offriva prestiti e sovvenzioni. E che avesse ragione lo dimostrò l’incredibile aumento di depositi, che in un anno raggiunsero $ 700.000. Ma agli altri banchieri di San Francisco la sua strategia liberal-etico-innovativa, apparve non solo rivoluzionaria ma anche pericolosa, e gli dichiararono guerra. Sparsero la voce che la Bank of Italy fosse in difficoltà e molti clienti si precipitarono a ritirare i propri risparmi. Amadeo, che aveva previsto anche i momenti difficili e aveva accumulato riserve in monte d’oro, fece montare immediatamente sul marciapiede davanti alla banca dei grandi tavoli su cui espose le ingenti riserve auree assieme a montagne di banconote e i suoi clienti si vergognarono allora, di fronte a tanta ricchezza, di chiedere i loro modesti risparmi.
Nell’aprile del 1906 i depositi superavano il milione di dollari. E qui scoppiòla tragedia. Il 18 aprile del 1906 un terremoto di proporzioni bibliche distrusse San Francisco. Le scosse telluriche si susseguirono per tre giorni, accompagnate da incendi che trasformarono la città in un ammasso di rovine fumanti. I superstiti giravano per le strade come spettri, piangevano, pregavano ma anche saccheggiavano. Giannini, assieme ai soci, usò i carretti della frutta del patrigno per trasportare al sicuro, sotto le verdure, il denaro e l’oro della Bank of Italy, che nascose nel camino semidistrutto della sua abitazione. Le altre banche della città, che a causa degli incendi avevano perso non solo gran parte dei fondi, ma anche i libri contabili, non furono in grado di riaprire prima di un mese. Amadeo Giannini, che conosceva personalmente i suoi clienti e la loro situazione finanziaria, dopo soli sei giorni riaprì la banca, creando una sede di fortuna nella casa semidistrutta del fratello medico, su cui espose una insegna bruciacchiata che era riuscito a recuperare. Mise bene in vista anche un vistoso cartello che aveva pitturato nella notte con la scritta: “Prestiti come prima, più di prima”. La nuova Bank of Italy venne letteralmente presa d’assalto da una folla di sinistrati bisognosi di tutto, che ritiravano i depositi o chiedevano prestiti. Giannini distribuiva soldi a chiunque li chiedesse, senza domande, solo annotando nomi e cifre. Ma non gli bastava. Dopo due giorni di assalto lasciò la gestione della sede provvisoria ai soci e, accompagnato dal patrigno, si avventurò negli altri quartieri della città spingendo un carrettino con su una piccola cassa di banconote. Amadeo girava nelle zone devastate di San Francisco, negli accampamenti fatti di tende, offrendo prestiti senza interesse e riempiendosi le tasche con foglietti firmati da immigrati di ogni nazionalità, talvolta contrassegnati da una croce. Possiamo chiederci: come fece Giannini a prestare soldi a tutti? Come riuscì a andare avanti? Nel giro di qualche settimana si rifecero vivi quei clienti che, nei primi giorni avevano ritirato i propri depositi. E non appena riaprirono le altre banche, in molti prelevarono i propri risparmi per portarli a quel galantuomo di Giannini. Inoltre, molti emigranti che non erano mia entrati in una banca e conservavano i propri risparmi in oro nascosto nelle case, ora distrutte, si decisero a versarli alla Bank of Italy Giannini fu l’emblema della ricostruzione di San Francisco, e non tanto per il denaro, quanto per la sicurezza che trasmetteva, per l’ottimismo che ispirava e la fiducia che infondeva a coloro che avevano perso tutto. Amedeo fece germogliare la voglia e il coraggio di riprovare, soprattutto alle comunità degli immigrati che si saldarono in modo irreversibile con la Bank of Italy. Nel quartiere povero di North Beach la comunità italiana divenne protagonista della ricostruzione e North Beach si trasformò nel centro delle nuove attività commerciali e imprenditoriali di San Francisco. Questa esperienza convinse Amadeo Peter Giannini che avrebbe fatto il banchiere per il resto della sua vita. E fu un successo clamoroso. La fama di Giannini cominciò a entrare nella leggenda, le sue gesta venivano narrate lungo tutta la costa del Pacifico. La fiducia nel suo coraggio e nella sua integrità morale fece accorrere nuovi clienti da ogni dove. Tutti volevano depositare i propri risparmi nella Bank of Italy. La ricostruzione di San Francisco, che all’epoca era il principale porto del Pacifico, attirò una massa di piccoli e grandi investitori, e una enorme quantità di denaro affluì nelle casse della banca di Giannini.
Nel 1909 entrò in vigore negli USA la legge che autorizzava il sistema delle “branch banking”, ossia di aprire filiali in altra città. Pochi banchieri sapevano come utilizzare la nuova legge. Giannini si recò sulla costa atlantica, e poi in Canada, dove il sistema delle filiali era già diffuso. Come sappiamo, fino a allora le banche USA operavano per i ricchi, escludendo gli immigrati e i piccoli coltivatori. Ma Giannini, che in gioventù aveva vissuto la realtà dei piccoli agricoltori della Santa Clara Valley, intuì che potevano esserci possibilità di reciproco interesse per una banca che fosse disponibile a incentivare i piccoli proprietari. Riuscì a convincere i soci della Bank of Italy a impegnarsi in questa direzione, ma chiese anche ci fossero forti legami tra la banca e la gente del posto, imponendo che tra gli azionisti delle nuove filiali ci fosse un buon numero di artigiani, commercianti e coltivatori locali. Anche gli impiegati dovevano essere del posto, e era loro richiesta la conoscenza di più lingue.
Nel 1909 la Bank of Italy aprì la sua prima filiale a San Josè, la città in cui era nato. Nel 1910 acquisì due banche a San Francisco, nel 1912 un’altra a San Matteo. Alla fine del 1912 i depositi ammontavano a oltre 11.000.000 di dollari e nel 1913 Giannini aprì una grande filiale a Los Angeles. Dal 1916 al 1918 aprì numerose succursali nelle vallate agricole della California, allargando il credito agrario anche ai piccoli agricoltori e ai nuovi emigranti. Molti banchieri, tra i più influenti degli USA, cominciarono a preoccuparsi seriamente per la nuova tendenza impressa da Giannini, e iniziarono una campagna di denigrazione allo scopo di isolarlo. Giannini comprese il rischio, prese decisamente in mano la situazione facendosi per la prima volta nominare presidente e attuando una serie di iniziative che rendessero più solidi lui e la banca. Nel 1919 la Bank of Italy comprò una banca di New York, e la chiamò Bancitaly Cooperation. Questa istituzione acquistò nove mesi dopo la “Banca dell’Italia Meridionale” che si trasformò poi in “Banca d’America e d’Italia”. Nel luglio del 1919 la Bank of Italy si affiliò alla Federal Riserve Sistem e il primo marzo 1927 venne nazionalizzata.
Nel 1920 Giannini intuì le possibilità di sviluppo dell’industria cinematografica, che sino ad allora si era attivata principalmente a New York. Inviò qui il fratello Attilio Giannini che lasciò la professione medica per occuparsi sia della Bancitaly Cooperation sia del nascente mondo del cinema. Ma più che all’aspetto finanziario, Amadeo aveva posto attenzione l’importanza socio-culturale che avrebbero assunto i modelli proposti dalla cinematografia nello sviluppo della coscienza e del comportamento degli americani. Poiché i banchieri di New York che finanziavano i film chiedevano interessi da usurai attorno al 20%, decise di agevolare con tassi ragionevoli – attorno al 6% – autori meritevoli della sua stima, e quindi desiderosi non solo di divertire, ma anche capaci di proporre modelli sociali di qualità. Così, quando Attilio Giannini tornò da New York per raccontare al fratello che un giovane artista di talento, che già aveva avuto successo con le comiche, non riusciva a trovare un finanziatore per un soggetto apparentemente difficile, ma di alto valore morale, Amadeo decise di prestare 50.000 dollari First National Distributors per la realizzazione del film “Il monello” di Charlie Chaplin. Il film avrebbe potuto costare meno, ma Amadeo volle che Chaplin, che aveva voluto conoscere personalmente, non fosse costretto a troppe economie. In sei settimane rientrò del capitale e, in seguito, la sua banca ebbe enormi profitti. La cosa fece scalpore e molti altri registi e produttori cinematografici chiesero allora di essere finanziati, ma Giannini non si mostrò interessato a nuove avventure che avevano solo fini commerciali. Nel 1922, la Bank of Italy disponeva di 61 filiali. In considerazione della folgorante espansione, i consiglieri della banca proposero di offrire a Giannini, oltre allo stipendio, un premio annuo di $ 50.000. Amadeo, che aveva già accumulato un fortuna di quasi $ 500.000, fedele ai propri principi rifiutò il premio, affermando che chiunque desiderasse di possedere più di mezzo milione di dollari, avrebbe dovuto correre dallo psichiatra.
Tra il 1927 e il 1929 la Bank of Italy emise banconote NATIONAL CURRENCY che avevano corso legale in tutti gli Stati Uniti. Nel primo mese del 1928, in epoca di euforia finanziaria, Giannini ricavò dalla sua partecipazione alla Bank of Italy utili per un milione e mezzo di dollari ma, non volendo diventare troppo ricco, decise di devolvere l’intero ammontare all’Università della California per ricerche Sulle tecnologie dell’agricoltura. Sette anni dopo l’esperienza de “Il monello”, Giannini strinse una profonda amicizia con Walt Disney, di cui intuì la genialità e con cui trascorreva le serate scambiando opinioni sia sulla comunicazione non verbale sia sul potere dell’immagine nella comunicazione. Giannini dopo il modesto successo dei primi cortometraggi di Mickey Mouse, intuì le possibilità dei cartoni animati e finanziò il primo lungometraggio di cartoni animati a colori di Disney dal titolo “Biancaneve e i sette nani”. Ancora una volta i risultati andarono oltre ogni aspettativa. Walt Disney visse la sua consacrazione al successo in tutto il mondo, Giannini si stancò di incassare profitti e divenne il finanziatore esclusivo della azienda dell’amico ormai famoso.
Nel 1930 la Bank of Italy assunse il nome di “Bank of America National Trust and Saving Association”. E’ significativo annotare che, quando la Bank of Italy chiuse i conti e esaminò i sospesi, ci si accorse che sui prestiti senza garanzia era stato rimborsato il 96% del totale sborsato, E quindi complessivamente, considerando gli interessi, la banca non aveva subito perdite sui prestiti concessi ai non abbienti. Al contrario, i grandi banchieri che accettavano solo clienti danarosi, in tempi di crisi si trovarono a subire perdite considerevoli. E non perdonarono a Giannini la sua lungimiranza. Nel 1931 Amedeo Giannini affrontò una delle prove più ardue della sua vita. Venne colpito dalla poliomielite, da cui si salvò non solo per le intense cure ma soprattutto grazie alla lotta che dovette sostenere per non essere estromesso dalla Bank of America. Appena si sparse la voce della sua malattia, un’armata di nemici – capeggiati dal presidente Transamericana Elisha Walzer, dal banchiere J.P. Morgan e da esponenti della Federal Riserve, a cui si associarono squallidi avvoltoi di Wall Street, cercò di impossessarsi della maggioranza delle azioni della Bank of America per estromettere Giannini. La reazione di Giannini fu assolutamente energica. Malgrado le condizioni di salute si gettò nella battaglia per riacquistare il controllo della banca e, miracolosamente, di fronte a questa prova, la sua salute migliorò in modo assolutamente inaspettato. Riprese le forze in tempi e in termini incomprensibili ai medici e, con l’appoggio dei tanti che aveva beneficato, riconquistò il controllo della istituzione che aveva creato. Amadeo Peter Giannini non era particolarmente attratto dal cinema. Amava solo alcuni autori che attraverso i film raccontavano favole che miglioravano la gente. Egli diceva che la favole, o le parabole, oggi potremmo dire le fiction, erano lo strumento privilegiato per trasmettere i valori della tradizione alle nuove generazioni, e dopo Disney aiutò un altro creatore di favole: Frank Capra. Frank era un siciliano che, ancora bambino, era arrivato in California con la famiglia. Diventato ingegnere, rimase disoccupato per la crisi del ’29 e, dopo varie peripezie, approdò casualmente a Hollywood dove scoprirà il mondo del cinema. Qui divenne amico di Giannini, per cui aveva una devozione, in quanto vedeva il lui la personificazione dei principi insegnatigli dal proprio padre. Sulla base di una reciproca stima, nel 1934 Amadeo finanziò il suo primo film di successo “Accadde una notte” e la collaborazione continuò nel 1936 con “E’ arrivata la felicità” e nel 1938 con “L’eterna illusione”.
Frank e Amadeo amavano parlare in italiano, e spesso elaboravano insieme le scene dei film. Giannini amava la narrazione di Capra che, pur denunciando la drammatica realtà americana – una realtà fondata sulla competizione, che giustificava il disinteresse per l’altro e stimolava l’arrivismo è che aveva originato una società condizionata dal potere sottile dei mass-media, ove le lobbies economiche controllavano la politica, pure con tutto ciò, sembrava offrire la speranza del ricatto. Anche se questa redenzione avveniva spesso grazie a un miracolo, come accade nelle favole. A dimostrazione che si può ancora uscire dall’incubo, che c’è ancora spazio per il sogno. Come abbiamo appena detto, Amadeo non corteggiava il mondo del cinema, ma da grande banchiere sapeva che questo mondo avrebbe portato alla banca grandi profitti. Richiamò allora al fratello Attilio da New York, affidandogli l’amministrazione del settore cinematografico. Tra il 1936 e il 1952, la Bank of America finanziò oltre 500 film, investendo proficuamente oltre mezzo miliardo di dollari. Ma Amedeo Giannini non si lasciò affascinare solo dal sogno del cinema. Nel 1932, il “sognatore” Joseph Strass, progettista del Golden Gate, non riuscendo a trovare un finanziatore del suo progetto ebbe l’ispirazione di rivolgersi a Giannini. E la carta vincente per convincere Amedeo non fu il possibile profitto, ma la convinzione che il ponte avrebbe aiutato la popolazione di San Francisco a uscire dal clima di depressione economica che aleggiava sulla città. Giannini finanziò il progetto con sei milioni di dollari e impose che la Bank of America non percepisse alcun interesse. Nei primi anni trenta Giannini si battè per cambiare il “Mc. Federal Act.”, una legge che impediva a una banca di operare in più di uno stato. Nel 1934 la Bank of America aveva 423 filiali in 255 città della California. Il 14 gennaio 1936 il figlio Lawrence Mario Giannini, che Amadeo aveva educato con il suo esempio, successe al padre nella presidenza della Bank of America, e Amedeo, per restargli accanto, accettò la carica di presidente onorario. Giannini fece dell’altruismo la sua prima professione. Oltre a far credito ai diseredati, oltre a aver dato speranza a chi l’aveva perduta, Amadeo devolveva gran parete dei suoi guadagni a opere sociali, ma senza dar fiato alle trombe della filantropia e del mecenatismo.
Nel 1930 creò la GIANNINI FOUNDATION of Agricultural Economics, affidandone la gestione alla Università della California. La fondazione aveva lo scopo di favorire la ricerca atta a sviluppare risorse rurali e incrementare le attività economiche degli agricoltori californiani. Nel 1945 Amadeo creò anche la GIANNINI FAMILY FOUNDATION con lo scopo di promuovere la ricerca medica. Durante la Seconda Guerra Mondiale la California divenne lo stato più impegnato nella produzione bellica. La Bank of America finanziò la costruzione di aerei, navi, armamenti pesanti e leggeri, gestì i pagamenti delle forze armate e del personale civile. Amadeo Giannini incaricò il figlio Mario di occuparsi degli italiani confinati nei campi di internamento, e di adoperarsi per cercare di evitare l’internamento di altri italoamericani. Subito dopo la fine della guerra Giannini, che si era sempre sentito profondamente italiano, al punto che anche in età avanzata parlava spesso nel dialetto ligure appreso dalla madre, volle che la banca partecipasse in prima persona alla ricostruzione dell’Italia. Si accordò infatti con Arthur Schlesinger, responsabile della gestione del Piano Marshall, per accelerare l’invio degli aiuti, e la sua banca anticipò senza interessi gli importi di tutte le spedizioni dirette in Italia. Nell’ottobre del 1945, all’età di settantacinque anni, Amadeo Peter Giannini lasciò definitivamente la presidenza della Bank of America, lasciando aperti i cassetti della sua scrivania che, del resto, non aveva mai chiuso: “Non ho nulla da nascondere”, disse “così come non ha nulla da nascondere la banca”. Contemporaneamente, annunciò che la Bank of America era diventata la più grande banca del mondo.
Amedeo Peter Giannini spirò serenamente, confortato dall’affetto dei suoi cari, all’età di ottant’anni. Alla sua morte venne fatto un accurato inventario di tutti i suoi beni, che risultò ammontassero esattamente a 489.278 dollari.
Cronologia
1870: il 6 maggio nasce Amadeo Peter Giannini
1876: il padre Luigi muore in una rissa
1878: la madre Virginia si risposa con Lorenzo Scatena
1882: la famiglia Giannini si trasferisce e nei pressi di San Francisco
1882/1892 Amadeo Giannini collabora e si associa alla L. Scatena& C.
1892: Amadeo Giannini sposa Clorinda Flores Cuneo
1902: diventa direttore della banca Columbus Savings & Loan
1904: il 17 ottobre Giannini fonda la Bank of Italy
1906: il 18 aprile il terremoto distrugge San Francisco
1906: il 23 aprile Giannini apre una sede provvisoria della Bank of Italy
1809: la Bank of Italy apre la sua prima filiale a San Josè
1919: nel luglio la Bank of Italy si affilia alla Federal Riserve System
1920: Giannini finanzia “Il monello” di Charlie Chaplin
1922: la Bank of Italy opera con 61 filiali
1927: il 1° marzo la Bank of Italy viene nazionalizzata
1927: la Bank of Italy emette National Banknotes, large size
1928: il 28.2 Giannini acquista la Bank of America di New York
1928: Giannini ricava un milione e mezzo di dollari di dividendi e li destina all’Università della California per ricerche sull’agricoltura
1928: Giannini stringe con Walt Disney una amicizia che culminerà con il finanziamento del film: “Biancaneve e i Sette Nani”
1929: la Bank of Italy emette National Banknotes, little size
1930: la Bank of Italy assume il nome di Bank of America N.T.
1930: nasce la Giannini Foundation of Agricultural Economics
1932: Giannini diventa presidente della Transamerican Corporation
1932: Giannini finanzia la costruzione del Golden Gate
1934: la Bank of America dispone di 423 filiali in 255 città californiane
1936: il figlio Lawrence Mario diventa presidente della B. of America
1943/45: Giannini incarica il figlio di tutelare e proteggere gli emigranti italiani rinchiusi nei campi di internamento e di evitare ulteriori internamenti.
1945: A.P.G. crea la Giannini Family Foundation, Medical Research
1945: la Bank of America finanzia il Piano Marshall per l’Italia
1945: nell’ottobre del 1945 A.P. Giannini rassegna le dimissione da Presidente Onorario e annuncia che al Bank of American diventata la più grande banca del mondo
1949: Amadeo Peter Giannini muore a 79 anni.
Articolo a cura di Guido Crapanzano